Le più belle favole di Fedro: la riscoperta del grande favolista latino

In questa intervista, la Professoressa Cristina Siciliano, vicepresidente esecutivo dell’Armando Curcio Editore e direttore editoriale del Gruppo Armando Editore, ci conduce in un viaggio alla scoperta della sua opera, Le più belle favole di Fedro.

 

Da quale esigenza sociale, politica, emotiva nasce Le più belle favole di Fedro?

Le rispondo con le parole di Isabel Allende: «La scrittura è una introspezione silenziosa; il primo impulso che dona vita alla scrittura è sempre una profonda emozione racchiusa dentro di me…».

 Perché una raccolta di fiabe? 

Nell’ambito delle moderne riflessioni sulla didattica emozionale, alcuni passaggi come quello dall’infelicità della violenza alla gioia della realizzazione di sé stessi sono illustrati molto bene nelle favole, come anche nelle fiabe antiche. Il racconto diventa una porta  attraverso la quale il bambino può accedere alla propria personalità, alla scoperta delle proprie emozioni arrivando gradualmente alla consapevolezza di se stesso e dell’altro.

Su quale base sono state scelte le favole selezionate? Ne esiste una in particolare alla quale è più legata?

Intanto perché Fedro.

Apparentemente semplice, Fedro, rimane un autore noto ma la sua opera è per lo più sconosciuta, oppure relegata nella memoria scolastica. Con questo lavoro ho voluto andare alla fonte leggendo, in un adattamento sempre rispettoso del pensiero originale, le sue favole più belle; ne L’aquila, la gatta e la cinghiala ad esempio scopriamo una chiarezza e una modernità seconde solo a quelle del suo ispiratore: Esopo.

In che modo le favole di Fedro possono inserirsi in quella concezione della letteratura come impegno e lotta contro regimi politici oppressori e ingiustizia sociale?

La favola di Fedro, e prima quella esopica,  è sempre portatrice di un secondo significato, che supera il primo per importanza, perché si tratta di esprimere un giudizio morale. I personaggi e le loro azioni possiedono quindi un carattere allegorico dal momento che, questo genere letterario, si propone di combattere i principali vizi che da sempre affliggono il genere umano, come la ricerca spasmodica del potere, l’avidità e l’oppressione rivolta non sempre al più debole ma anche nei confronti di chi è semplicemente retto e centrato.

Dall’opera del favolista latino emerge talvolta un crudo realismo, in base al quale spesso non è il buono o l’innocente a vincere, ma il più forte e astuto; questo tipo di rappresentazione può indurre a considerare la vita come intrinsecamente ingiusta o può, invece, essere un modo per educare anche i/le più giovani a evitare i tranelli, le ingiustizie e gli impostori che la vita inevitabilmente può far incontrare durante il suo cammino, pur rimanendo meritevole di essere vissuta nella sua bellezza?

Ogni favola non è fine a sé stessa ma contiene un proprio specifico insegnamento; Fedro si premura di commentarla, impiegando generalmente non più di due versi, nei quali mette in evidenza la morale che si deve trarre dal racconto. Il suo insegnamento  rimane valido nei secoli e  i secoli non lo hanno superato; non si tratta di un invito ad aggirare il “brutto” ma ad accogliere i valori universali dell’uomo: la libertà individuale, la giustizia sociale, l’uguaglianza dei diritti, la tolleranza delle opinioni.