DAD: i/le giovani vanno ascoltati/e

I/Le giovani, in questo sconvolgimento della vita vissuto nell’ultimo anno, hanno pagato un prezzo molto alto. Dopo quasi 10 mesi di DAD con sporadici intervalli, ora dicono comprensibilmente «Basta!»

Cosa ha significato la DAD per i ragazzi e le ragazze tra i 14 e i 18 anni

È evidente che la DAD, soprattutto nei primi periodi di totale incertezza nel fronteggiare una situazione nuova e incredibilmente complessa, sia stata una soluzione giusta e condivisibile. D’altra parte è anche doveroso sottolineare che nel metterla in atto, i docenti avrebbero dovuto rivedere le loro modalità di insegnamento, organizzare la didattica digitale integrata, promuovere attività e lezioni di tipo interdisciplinare e nuovi processi di insegnamento-apprendimento come il cooperative learning o il flip teaching. Spesso questo non è accaduto sia a causa della non diffusa formazione digitale degli/delle insegnamenti sia per la difficoltà nell’applicare queste nuove metodologie. Così i più giovani si sono spesso ritrovati a seguire lezioni a distanza con modalità pressoché identiche a quelle vigenti nella didattica tradizionale. Ma questa è sola la punta dell’iceberg di un problema ben più grande per i/le giovani: la mancanza degli amici, dei rapporti sociali, delle relazioni, delle uscite, degli sfoghi, dello sport e di attività extracurriculari ha prodotto delle voragini emotive che a molti/e di loro ha dato una sensazione di rassegnazione rispetto al futuro.

Il senso di sfiducia nel futuro

Ma da dove nasce questo senso di rassegnazione e di sfiducia? Come abbiamo visto nel primo paragrafo, in una prima fase, il fatto che un/una giovane vivesse quasi interamente la sua giornata in casa, di cui la metà di fronte a uno schermo veniva considerato inevitabile, un contributo da mettere insieme con quelli che stava dando la parte restante del Paese. È stato sicuramente un passo necessario e le tecnologie che hanno permesso di attivare una modalità di insegnamento a distanza, in questo senso, hanno mostrato i loro vantaggi. Ma pian piano, le attività produttive sono ripartite, parte della popolazione ha ripreso ad andare a lavoro, le Chiese sono rimaste accessibili e le scuole sono rimaste ostinatamente chiuse. In concomitanza, il tasso di disoccupazione giovanile è salito sempre più arrivando al 31,1% del settembre 2020, come emerge dai dati Istat.  In questo quadro così allarmante, è emerso per i/le giovani – soprattutto per coloro che dopo la scuola secondaria di secondo grado vorrebbero affacciarsi al mondo del lavoro – uno scenario sconfortante. La DAD è stata utile e necessaria ma al momento non se ne vede più il senso e la funzione, come emerge anche dalle recenti parole della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: «sono molto preoccupata, oggi la DAD non può più funzionare».  Il Governo, infatti, aveva dato indicazioni per una riapertura in tutto il Paese delle scuole superiori al 50% in presenza, ma alla data dell’11 gennaio le regioni che hanno seguito queste indicazioni sono solo 3 (Valle d’Aosta, Toscana e Abruzzo). I governatori delle altre regioni hanno preferito invece proseguire con la didattica a distanza, prefigurando per ciascuna date diverse – e talvolta anche molto lontane nel tempo – per la ripresa della didattica in presenza. Questo atteggiamento, guardando i dati, non risulta del tutto condivisibile. Da un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia, nella parte dedicata ai focolai di COVID-19 rilevati in ambito scolastico, emerge che «nel periodo 31 agosto – 27 dicembre 2020, il sistema di monitoraggio ha rilevato 3.173 focolai in ambito scolastico, che rappresentano il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale». Ovviamente le decisioni dei governatori di rimandare ancora la ripresa della didattica in presenza hanno scatenato in tutto il Paese le proteste di studenti e studentesse che vogliono ritornare a scuola ma che soprattutto desiderano che la scuola e la formazione siano messe tra le priorità.

Le difficoltà e le sensazioni provata dai/dalle giovani tra i 14 e i 18 anni nell’approccio con la DAD

Cosa ci viene in mente ripensando a noi stessi nell’età tra i 14 e i 18 anni? Penso tra i tanti ricordi emergeranno le uscite con gli amici, i primi amori, la condivisione della preoccupazione per quell’interrogazione tanto sofferta, gli abbracci e le feste. Nell’anno 2020, per molti dei ragazzi e delle ragazze compresi in quell’età, la vita e le aspettative sono state molto diverse. Poca condivisione – e non parlo di social ma di presenza reale e sentita – poco entusiasmo, poca speranza e tanta noia. E queste sensazioni emergono anche dai dati. In un’indagine condotta da IPSOS per Save the Children dal nome I giovani ai tempi del coronavirus, in cui vengono raccolte e trasferite in dati e grafici le risposte a domande rivolte a studenti e studentesse tra i 14 e i 18 anni, emergono statistiche che fanno riflettere e talvolta intristire. Sapete quali sono le maggiori difficoltà riscontrate da questi/e ragazzi/e nel seguire le lezioni a distanza? Tra le prime tre risultano:

  • Fatica a concentrarmi/seguire le lezioni online
  • Problemi tecnici dovuti alla mia connessione, copertura di rete…
  • Problemi tecnici dovuti alla connessione dei docenti

Con una percentuale davvero molto alta emerge anche la noia. Insomma, oltre alla grossa difficoltà di concentrazione e ai frustranti problemi di connessione, emerge anche il mostro della noia a rendere più difficoltosa la già complessa situazione. Per non parlare del fatto che non per tutti gli studenti e le studentesse l’uso del computer è esclusivo, anzi vi sono diversi casi in cui il dispositivo risulta in condivisione, complicando la faccenda.

Un altro dato che fa paura e che è stato anche sottolineato dalla Ministra Azzolina è il problema della dispersione scolastica; infatti dall’indagine è risultato che il 28% di studenti e studentesse hanno vissuto l’abbandono delle lezioni da parte di un loro compagno o compagna. La percentuale è alta e allarmante. Anche per quanto riguarda le ripercussioni che la DAD ha avuto su ragazzi e ragazze i dati parlano chiaro. Tra le percentuali più alte vediamo:

  • Ripercussioni sulla capacità di socializzare al 59%
  • Ripercussioni su stato d’animo/umore al 57%
  • Ripercussioni sulle amicizie al 52%

Ci sarebbe ancora molto da dire su questi dati e l’indagine eseguita è davvero una finestra molto utile sulla vita di questi ragazzi e ragazze di cui il 46% crede di aver sprecato un anno. Ma vale la pena di rimanere positivi e di concludere fornendo un altro dato che ci dà speranza e ci ricorda quanto i/le giovani siano importanti per il futuro del Paese e quanto vadano tenuti in considerazione in un’ottica di benessere della comunità. Ecco a voi un bellissimo dato:

L’85% degli intervistati hanno detto che «questo anno di pandemia mi ha fatto capire quanto è importante stare insieme fisicamente con gli amici, uscire, andare al parco, al bar…».

C’è speranza.

Flavia Palieri