Combattere l’analfabetismo funzionale

L’8 settembre ricorrerà, come ogni anno, la Giornata internazionale per l’alfabetizzazione.
Ecco perché è indispensabile arginare ogni forma di analfabetismo funzionale ed emotivo diffondendo l’amore per la cultura.

Anche se si fa fatica a crederlo, le nostre competenze non sono permanenti. La famiglia, l’età, l’istruzione e il lavoro possono determinare, nell’arco della vita, lo sviluppo ma anche la perdita delle conoscenze che abbiamo acquisito, specie se esse non sono solide e non vengono esercitate. Quando questo accade, si attiva quel processo definito analfabetismo funzionale, ovvero una regressione che porta all’incapacità di comprendere, analizzare criticamente e utilizzare attivamente delle informazioni basilari per la vita quotidiana e per il corretto inserimento dell’individuo nel tessuto sociale.

Cos’è l’analfabetismo funzionale?

Questo termine identifica, di base, quello stato in cui un individuo, pur avendo sviluppato la capacità di leggere e scrivere, non è in grado di comprendere a fondo il significato di un testo né di utilizzare la scrittura al fine di farsi comprendere da altri eventuali lettori.
Ma questi aspetti sono solamente la punta dell’iceberg. L’analfabetismo funzionale indica anche l’assenza di spirito critico e l’impossibilità di elaborare pensieri e valutazioni proprie sulla base di informazioni generali, l’incapacità di distinguere notizie vere da notizie false e la mancanza di strumenti base utili nella quotidianità.

A partire dal 1984, l’UNESCO definisce infatti l’analfabetismo funzionale come «la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità».

chi è un analfabeta funzionale?

«Chi è analfabeta funzionale non è incapace di leggere – afferma Simona Mineo, National data manager per l’indagine OCSE-PIAAC condotta in Italia – ma, pur essendo in grado di capire testi molto semplici, non riesce a elaborarne e utilizzarne le informazioni».

Stando alla definizione del rapporto Piaac-Ocse, infatti, un analfabeta funzionale è più incline a credere a tutto quello che legge in maniera acritica, non riuscendo a rielaborare informazioni utili alla creazione di un proprio pensiero organico e strutturato.

Secondo il noto linguista Tullio De Mauro, gli analfabeti funzionali in Italia sarebbero addirittura l’80 per cento, dal momento che «soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea».(Le indagini statistiche a cui si riferisce De Mauro compaiono in due volumi diversi: La competenza alfabetica in Italia. Una ricerca sulla cultura della popolazione, Franco Angeli, 2000 e Letteratismo e abilità per la vita. Indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 anni, Armando editore, 2006).

Da dove trae origine?

Questo problema sociale, tanto radicato quanto deleterio, riguarda parecchio da vicino noi italiani, visto che il nostro Paese è tra i primi posti al mondo per percentuale di presenza di analfabeti funzionali.

Un dato che dovrebbe farci da monito è che, nella maggior parte dei casi, gli analfabeti funzionali sono cresciuti in famiglie in cui erano presenti un numero limitato di libri. Tra i dati del Rapporto nazionale dell’indagine OCSE-PIAAC del 2014 «questo dato è particolarmente accentuato nel nostro Paese dove il 73 percento degli analfabeti funzionali è cresciuto in famiglie in cui erano presenti meno di 25 libri».

Non a caso, «l’assenza di un livello base di competenze – continua, nel report dell’indagine OCSE-PIAAC, Simona Mineo – rende difficili ulteriori attività di apprendimento», tanto da portare le competenze dei giovani con background fragili a «invecchiare e deteriorarsi nel tempo», rendendo per loro quasi del tutto impossibile «l’accesso a qualsiasi forma di apprendimento reale».

in che modo può essere arginato?

In queste condizioni, ovvero partendo da basi poco solide e rimanendo privi di stimoli, come spiega Friedrich Huebler, massimo esperto di alfabetizzazione per l’Istituto di statistica dell’Unesco, in un’intervista all’Espresso, «senza pratica, le capacità legate all’alfabetizzazione possono essere perse anno dopo anno».

Tra le cause principali del dilagare dell’analfabetismo funzionale, quindi, figura proprio la disaffezione alla cultura e all’istruzione, caratteristica che, purtroppo, è propria di quasi tutta la popolazione del nostro Paese. Per questo, infatti, il tessuto sociale italiano presenta degli aspetti che incoraggiano la diffusione dell’analfabetismo funzionale, come l’alto tasso di abbandono scolastico precoce, di giovani che non lavorano o vivono condizioni di lavoro nero e precario, o di mancanza di informazione.

Abituare i più giovani alla lettura e farli appassionare alla cultura in toto è perciò fondamentale.
Non istruirli adeguatamente in questo senso rappresenta una mancanza che può portare i giovani – come sta accadendo, d’altronde, già alle nuove generazioni – a cadere in un crudele circolo vizioso che li conduce verso gravi forme di analfabetismo non solo funzionale, ma anche emotivo.