Apprezzare “Piccole donne” senza attualizzarlo

A breve uscirà un nuovo adattamento di Piccole donne di Louisa May Alcott, edito da Armando Curcio Editore e leggerlo senza ripensare al recentissimo film diretto da Greta Gerwig e uscito lo scorso anno non sarà facile.

Attualizzare i classici è una possibilità, non un obbligo: il segreto delle sorelle March è la loro genuinità di bambine

La storia di Meg, Jo, Beth e Amy accompagna generazioni di lettori, e più recentemente spettatori, da oltre un secolo e mezzo e riproporla in maniera originale non è mai semplice, e forse, non è nemmeno necessario. La nuova proposta editoriale, infatti, non consegna al pubblico un’interpretazione rivoluzionaria del romanzo, accentuando o oscurando i temi presenti con lo scopo di renderli attuali, come invece fa il film, ma li lascia trasparire con delicatezza attraverso la narrazione.

Differenze tra la nuova proposta editoriale e il film Piccole donne

Nonostante siano entrambe delle rese del testo originale molto ben riuscite e godibili, bisogna essere consapevoli delle differenze presenti, per poterle apprezzare individualmente. Guardando il film, per esempio, il gioco chiamato Il viaggio del pellegrino non è mai nominato direttamente, seppur sia fondamentale per le ragazze. Al contrario, questo gioco, dallo stampo nettamente religioso, è nominato nel romanzo fin dalle primissime pagine e non verrà mai abbandonato nel corso della storia: esso rappresenta la loro crescita morale, e in particolar modo la loro consapevolezza dei propri difetti e l’impegno costante nell’attenuarli. Nella visione d’insieme, Piccole donne indica il superamento dei propri limiti come uno degli insegnamenti essenziali che ci lasciano le sorelle March; un esempio cardine di ciò, mantenuto in entrambi gli adattamenti, è la dolce chiacchierata che hanno Jo e la madre, dopo che la ragazza si sente responsabile per un incedente in cui è stata coinvolta Amy.

Il personaggio di Jo

Tuttavia, è necessario precisare che la narrazione più dettagliata del libro consente di assaporare maggiormente ogni momento del percorso intrapreso da ognuna delle quattro sorelle. Inoltre, l’altro grande elemento che accomuna la nuova resa letteraria con quella cinematografica, seppur rappresentato in modo diverso, è il personaggio di Jo: la ragazza ribelle che rimpiange di non essere nata maschio e ambiziosa scrittrice che rifiuta la possibilità di sposarsi. Questi tratti della sua personalità sono imprescindibili all’interno della storia e, se da un lato Saoirse Ronan li incarna alla perfezione, dall’altro, la Jo letteraria dimostra anche una delicatezza e una gentilezza d’animo che sembrano essere il denominatore comune che unisce tutte le sorelle March. Partendo dalla constatazione generale che spesso, a causa della sua irruenza e non conformità, Jo è vista come l’unica eroina femminista del libro, vale la pena soffermarsi su come le due rese considerate finora, invece, diano spazio anche alle altre sorelle. Sotto questo punto di vista, Greta Gerwig enfatizza l’individualità tanto di Jo quanto di Meg, Beth e Amy, ponendole tutte al centro della narrativa femminista; per quanto questa possa apparire come un’interpretazione un po’ forzata, in realtà questi elementi sono individuabili anche all’interno del libro. A conferma di ciò, ci sono vari momenti in cui, parlando dei loro desideri e nelle loro azioni, le sorelle smentiscono quelle che sono le tipiche aspettative stereotipate attribuite alle ragazze. Ognuna di loro appare risoluta negli obiettivi che vuole raggiungere e, seppur quelli di Meg, Beth e Amy siano più canonici rispetto a quelli di Jo, nessuna si lascia influenzare dalle altre nelle proprie decisioni né si sente costretta a seguire una strada imposta da qualcun altro.

Piccole donne come elogio dell’infanzia

Pur riconoscendo la rilevanza di questi due temi, leggendo e guardando Piccole donne si realizza velocemente che la storia è un elogio dell’infanzia. Le piccole donne sono ancora poco più che bambine: Amy, la più piccola, ha solo dodici anni, mentre Meg, la più grande, ne ha sedici. La genuinità, e a volte ingenuità, con cui affrontano la loro giovinezza è una cosa a cui non siamo più abituati a trovare nei personaggi letterari e cinematografici attuali. Tutte loro sono cariche di quell’innocenza bambina che spesso si rimpiange ed è forse per questo che la storia delle sorelle March non smette mai di essere apprezzata, riadattata e riproposta.

Per concludere, il fascino di Piccole donne, per quanto Louisa May Alcott sia stata costretta dall’editore a scrivere un libro di questo tipo, risiede nella complicità che unisce Meg, Jo, Beth e Amy, nella loro creatività, intraprendenza, ribellione e dolcezza. La loro storia è piena di insegnamenti, che possono essere reinterpretati e riadattati per essere sempre attuali e che riusciranno sempre a coinvolgere il pubblico. Tuttavia, la sensazione di eterna giovinezza che si percepisce leggendo Piccole donne è intrinseca nelle sue protagoniste, capaci di suscitare nostalgia per un’infanzia che finisce sempre troppo in fretta, a prescindere dall’età in cui le si incontra.

Stefania Frassetto